sabato 14 marzo 2009

IL CRAC DELLA REGGIANA

Nove gli indagati per il fallimento granata

di Tiziano Soresina

REGGIO. A tre anni e mezzo dal fallimento della «vecchia» Reggiana il procuratore capo Italo Materia ha chiuso le indagini sul crac granata mettendo sotto inchiesta nove persone, divaricando però le imputazioni. L’amministratore delegato Ernesto Foglia e i 5 consiglieri d’amministrazione (Federico Spallanzani, Paolo Farri, Claudio Zambelli, Nando De Napoli e Marco Pecoraro Scanio) sono accusati di bancarotta fraudolenta, mentre i 3 componenti del collegio sindacale (Franco Tranquilli, Luca Reverberi e Alfredo Ferrarini) sono indagati per bancarotta semplice. Più grave l’accusa rivolta a Foglia ed ai consiglieri d’a mministrazione rispetto a chi componeva il collegio sindacale. Secondo la procura i sei vertici granata avrebbero innanzitutto violato gli articoli del codice civile relativi alle «false comunicazioni sociali» e «false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori». In che modo? Il pm Materia lo illustra - nel capo d’imputazione - facendo riferimento a due situazioni precise. CREDITO INESISTENTE. In primo luogo patron e consiglieri avrebbero esposto nel bilancio d’esercizio ordinario della vecchia Reggiana - al 30 giugno 2003 e al 30 giugno 2004 - «un inesistente credito di 2 milioni e 5mila euro verso la Tuttogiglio spa (finanziaria costituita per la gestione degli spazi commerciali dello stadio Giglio, ndr), in realtà costituito da un credito verso la controllante Acr Fin srl originatosi da prelevamenti effettuati dall’amministratore delegato e a tale società destinati. In tal modo - prosegue il pm capo - con l’i ntenzione d’ingannare il pubblico e al fine di fare conseguire un ingiusto profitto consistente nell’appropriazione dei 2 milioni e 5mila euro da parte di tale società, occultavano il percepimento della somma in questione mediante impugnazione di un credito verso terzi in contabilità, senza specificare in nota integrativa il soggetto effettivamente debitore, omettendo d’indicare l’effettiva situazione patrimoniale e finanziaria della società ed esponendo fatti materiali non rispondenti al vero, alterando in modo sensibile la situazione patrimoniale ed economica. Ed infatti - rimarca la procura - nel caso in cui fosse stato esposto un credito verso la controllante Acr Fin srl (effettivo destinatario della somma) la società avrebbe dovuto necessariamente svalutare detto credito, tenuto conto dello stato economico finanziario del debitore che gli impediva di restituire tutto o in parte le somme in questione. Tale comportamento ha comportao un danno per i creditori, che hanno conntinuato ad intrattenere rapporti economici e finanziari con la società facendo affidamento su una diversa situazione economica e finanziaria, che indicava maggiori crediti esigibili verso terzi».
LA PLUSVALENZA. In seconda battuta gli inquirenti fanno riferimento al bilancio d’esercizio della «vecchia» Reggiana al 30 giugno 2004 in cui i sei vertici granata avrebbero esposto «una plusvalenza di 5.473.884 euro originatasi da una cessione fittizia della partecipazione Mirabello 2000 spa (finanziaria costituita per la costruzione dello stadio Giglio, ndr) effettuata a società di proprietà dell’amministratore delegato Foglia, con modalità inusuali, quali il pagamento differito nell’a rco di tre anni e rateizzato, concesso ad una società in evidente stato di difficoltà finanziaria, come documentato dal fallimento nell’anno successivo, di tutti i soggetti intervenuti nella transazione (venditore, cessionario e società oggetto della transazione). Tale operazione - indica il pm capo - era effettuata entro il 31 marzo 2004 al solo scopo di far conseguire una plusvalenza alla società solo nominale e permettere l’iscrizione al campionato di calcio dell’eercizio successivo (in serie C1, ndr), ben sapendo gli organizzatori dell’operazione che la vendita non poteva avere effettiva attuazione». CLUB DANNEGGIATO. Ma le accuse non finiscono qui per l’allora «ghota» granata, perché il procuratore Materia ha ravvisato la violazione di altri due articoli del codice civile, cioè «indebita restituzione dei conferimenti» e «infedeltà patrimoniale». Per la procura i sei «senza causa alcuna e sebbene la società fosse in una situazione di oggettivo squilibrio finanziario, versavano la somma di 2 milioni e 5mila euro - tra il marzo e l’aprile 2003 - alla controllante Acr Fin srl, così attuando una restituzione del capitale sociale con azzeramento del patrimonio sociale dell’Ac Reggiana spa. Tale fatto, tenuto conto delle modalità d’attuazione e dell’occultamento in contabilità della dazione alla controllante, imputando quale contropartita della somma uscita dalle banche un credito inesistente verso la Tuttoglio spa, costituisce altresì una ipotesi d’infedeltà patrimoniale perché, nonostante vi fosse un interesse in conflitto con quello della società, veniva compiuto un atto di disposizione dei beni sociali, cagionando un danno rilevante alla società, consistente nel versamento senza titolo apparente alla Acr Fin srl di 2 milioni e 5mila euro».
Sempre il procuratore Materia indica altre infedeltà patrimoniali - escludendo però il consigliere Farri - scrivendo nelle imputazioni che veniva corrisposta «senza titolo la somma complessiva di 2.052.434, 30 euro (al netto della restituzione) a Foglia dal primo luglio 2004 al 30 giugno 2005, nonché la somma di 134mila euro alla Acr Fin srl nel periodo 13 luglio 2004-16 novembre 2004 al fine di far conseguire a costoro un ingiusto profitto così cagionando intenzionalmente un danno patrimoniale alla società». Sempre nell’ambito della bancarotta fraudolenta, il pm capo accusa Foglia, Spallanzani e Zambelli «per avere nell’imminenza del fallimento ed utilizzando parte della somma derivante dall’incasso dell’ultima tranche del credito verso la Tuttogiglio spa, effettuato il pagamento di 455mila euro a favore della Foglia & c. srl (impresa edile, ndr) quale parziale restituzione del credito che la società aveva, allo scopo di favorire tale creditore con danno degli altri creditori sociali». MANCATO CONTROLLO. I tre componenti del collegio sindacale - dal 28 febbraio 2002 al 30 novembre 2004 - vengono invece accusati di bancarotta semplice. Secondo il pm capo «tenevano un comportamento superficiale ed imperito omettendo di effettuare un serio controllo contabile sulle poste creditorie della società e sulle movimentazioni finanziarie e bancarie che avevano comportato atti di depauperamento del patrimonio sociale. Inoltre, con riferimento alla cessione della partecipazione Mirabello 200 spa, avrebbero dovuto imputare la plusvalenza riducendo il credito a lunga e media scadenza dell’improto di 581mila euro (anche per effetto della sola omissione di tale appostazione di bilancio, l’esercizio al 30 giugno 2004 avrebbe chiuso con una perdita di circa 550mila euro in luogo di un utile di 30mila euro e dunque con un’alterazione del risultato economico e della situazione patrimoniale superiore alle soglie di punibilità.

Gazzetta di Reggio
(03 marzo 2009)

Nessun commento:

Posta un commento