Illustre Dott. Saracino,
approfitto "spudoratamente" della Sua presenza costante sul blog nonostante il periodo festivo, per porgerle una domanda che in parte riguarda gli avvenimenti degli ultimi giorni. Più precisamente la riapertura delle indagini sulle stagi di Capaci e Via D'Amelio, ma anche sui dubbi sorti in questi ultimi giorni sulla strage di Bologna.
Domanda alla quale non riesco a dare una risposta ed alla quale neppure Lei è obbligato a rispondere nel caso non lo ritenga opportuno.
L'accorato appello del Dott. Ingroia (adesso chi sa, parli!!!) che stimo e ammiro, così come stimo e ammiro tutti i magistrati che scrivono su questo blog, mi ha fatto riflettere a lungo.
Io credo che ci siano molte persone che potrebbero diradare in parte la nebbia che avvolge i più grandi misteri d'Italia o perlomeno dare uno spunto, senza accusare o assolvere qualcuno, per approfondire le indagini in corso.
Probabilmente persone comuni, umili, che non hanno mai avuto a che fare direttamente con la mafia, ma che per pura coincidenza si sono trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato.
E' successo anche a me, seppur in circostanze diverse... E proprio perchè so cosa significa non voltarsi dall'altra parte, ma rivolgersi alle autorità compententi e denunciare, Le chiedo: cos'é più nobile? Compiere un atto di giustizia, mettendo a repentaglio non tanto la propria vita, ma quella della propria famiglia e dei propri cari? O fingere di non sapere?
Premesso che se avessi l'opportunità di tornare indietro rifarei esattamente tutto ciò che ho fatto, Le dico sinceramente che se un amico mi chiedesse un consiglio, non credo che risponderei. Non lo inciterei a tacere, ma nemmeno a denunciare.
Non si tratta di omertà, come la gente comune potrebbe pensare... Si tratta di conseguenze ad un gesto fatto in nome della verità e della giustizia. Coloro che hanno il coraggio di rivolgersi alle autorità pagano a caro prezzo la loro scelta. Vengono abbandonate al loro destino, vengono annientate economicamente, psicologicamente e professionalmente. Vengono minacciate e denigrate sui giornali. E solo la consapevolezza di avere fatto la cosa giusta, dà loro la forza di resistere alle ingiustizie a cui vengono sottoposte. Ma c'è un limite a ciò che è umanamente sopportabile... Vedere i propri cari subire lo stesso destino... Vedere le persone che amiamo logorarsi e consumarsi di giorno in giorno a causa di un'azione meritevole... Questo è insopportabile! Non lo si augura nemmeno al peggior nemico, figuriamoci a qualcuno che si ama.
Mi scusi se mi sono dilungata, ma era necessario per farle comprendere la mia domanda. Se Lei si trovasse nella condizione di dover mettere in pericolo la vita e la stabilità dei suoi cari, avrebbe la forza (non il coraggio! quello non lo metto in dubbio!) di denunciare? So che in qualità di Magistrato probabilmente vive questa situazione quotidianamente (è proprio per questo che mi sono rivolta a Lei), ma dove si trova una giustificazione per fare tanto male alle persone che più ci volgiono bene?
Lo chiedo perchè è veramente "massacrante" il dolore che si prova...
Grazie per ogni sua parola e per ogni suo intervento.
Con profonda stima.
Stefania Tirelli - Reggio Emilia
7 agosto 2009 8.45
Nicola Saracino ha detto...
Gentile Stefania, quello che lei pone è un problema "culturale".
In un paese normale esiste una netta demarcazione tra il lecito e l'illecito.
E tutti coloro che si mettono in gioco per difendere le istituzioni democratiche attraverso la legalità sanno di poter contare sull'approvazione sociale.
Non sempre così, purtroppo, avviene in Italia dove sembra essere smarrita proprio la cultura della legalità e dove i furbetti di questo o quel quartierino attirano più solidarietà (politica, istituzionale, mediatica) di quanta se ne risevi alle loro vittime.
In questo incide molto l'inesistenza di una stampa libera perché è attraverso la pubblica informazione che si diffondono i valori in tutti gli strati della popolazione.
Quando primeggiano modelli comportamentali disinvolti ed inneggianti al successo (non importa come raggiunto), chi si pone come antagonista rispetto ad essi non ha vita facile.
Qunato lei afferma è, dunque, profondamente sensato. Se la comune insensibilità verso il malaffare prende il sopravvento questo di certo non ne favorisce l'emersione.
E', quindi, una questione di "messaggi" culturali.
Quello lanciato dai magistrati siciliani va nel senso della legalità ed offre uno stimolo positivo a quanti vogliano raccoglierlo.
Nicola Saracino
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